12.7.14

Il dopo

Alcune volte è difficile rimettersi in gioco dopo aver superato sè stessi. Non tanto per l'ansia da prestazione, o per paura di non essere comunque abbastanza, quanto per il semplice motivo che quello che fino a poco tempo prima era il tuo obiettivo, il fulcro della tua vita, di colpo, non c'è più...e si perde la bussola. 

Ci sono abituato. Forse do troppa importanza ai pezzi di roccia su cui mi ostino a voler salire, tanto da rimanere in un certo senso svuotato una volta in cima, o una volta aperti gli occhi, il giorno dopo, e quello dopo ancora. Sebbene sia convinto che ogni movimento sulla roccia mi arricchisca, non posso fare a meno di sentirmi un pò prosciugato. Forse è solo che con le mani in tasca non riesco a stare, o forse perchè senza obiettivi proprio non carburo..

"E adesso?"

Quel momento in cui il tempo non sembra più scorrere alla stessa maniera, tutto sembra inspiegabilmente fermo, statico, monotono. Si cade e si ritorna alla routine di sempre, quella del "prima". Personalmente, il bisogno di sfuggire, di rompere il silenzio è urgente come un respiro dopo l'apnea. Ho bisogno d'altro, ho bisogno di altra roccia, altri sogni, altri giochi.. altri stimoli. 

Dopo Tibiaepperone non ho voluto correre il rischio di trovarmi con le mani in mano. Non questa volta, non adesso. Volevo rompere la stasi ancor prima che si manifestasse, uscire di casa con la voglia di sbranare il mondo, prima ancora d'avere una meta. Di una cosa sola era certo: senza nemmeno rendermene conto, negli ultimi mesi il boulder mi aveva  completamente contagiato, anzi, rapito. Capisco adesso che da quella  voglia di infrangere i meiei stessi schemi non sarei più tornato per un pò, e così in un attimo la vita è cambiata, l'arrampicata è cambiata, ma soprattutto il mondo intorno a me era cambiato, adesso che il mondo era fatto di sassi e di boschi, di boschi e di sassi... e boschi... coi sassi.

Ho voluto assecondare questo istinto, questo richiamo, ed ancora una volta sento d'esser rinato, d'esser cresciuto forse, d'esser mutato, salendo su di uno scalino un pò più in alto, dal quale si vedeva un paesaggio mai visto.

Così, senza pensarci nemmeno un minuto, senza godermi nemmeno un pò il sapore della vittoria, senza adagiarmi sugli allori, ho fatto la borsa e sono salito in macchina, pronto a scoprire cose nuove, posti nuovi, roccia nuova, e a prendere gli schiaffi anche, se necessario. Poche storie e via da Huliveto, via dal solito, via da me, via da te... via dai coglioni!

SASSOFORTINO

Sassofortino è stata la prima meta. Avevo vaghi ricordi del posto, (c'ero stato un paio di volte che avevo si e no 14 anni), ed è stato decisamente motivante e bello riscoprirlo in buona compagnia, cercando di dare anche il mio piccolo contributo allo sviluppo di un settore nuovo. Abbiamo spazzolato, abbiamo costruito impalcature coi tronchi d'albero per pareggiare gli atterraggi infami, abbiamo riso... ed abbiamo scalato. E' qua che ho conosciuto un affiatato gruppo di boulderisti toscani, ed unendomi alla ciurma del BLACKFLAG, guadagnandomi il posto con affiliato soprannome durante un rodeo (hai capito bene), ho potuto tuffarmi in quel bosco fitto di castagni secolari e muschi verde fosforescente ancora ed ancora, a caccia di linee e col sorriso, passando ottime giornate a ridere e giocare... e scalare.

Il famoso Rodeo








FONTAINEBLEAU

Deciso. Avremo fatto 3 giorni a Font. Partenza da Pisa, Ryanair, macchina a noleggio campeggio e bla bla bla. 

Ma che mi metto a fare... raccontare di Font è come... come qualcosa di inutile e di impossibile al tempo stesso. TROPPO bello, TROPPO perfetto, TROPPO tutto. Troppo-troppo. Non si può. Punto e basta. Quindi vi lascio foto e video che sicuramente spiegheranno meglio di quanto io possa mai fare battendo su una tastiera. 

In una parola:

INDIMENTICABILE.






Tornato da Font ho rivissuto in piccolo il post-Tibiaepperone. La colpa era solo di Rainbow Rocket, e della fottuta botta di adrenalina ed emozione che mi aveva investito quando l'ho salito. Un altro sogno divenuto in realtà, così, per caso, inaspettatamente, all'improvviso. Mi ero ritrovato quel bordo in mano, e semplicemente non ci credevo. Ricordo d'aver fissato per un solo istante, la mia mano destra là, salda e ferma a stringere Rainbow. Non cadevo più.


Ma era successo davvero? Forse stavo solo divagando con la mente, stavo perdendomi nei miei stessi pensieri.. forse mi sarei svegliato poco dopo nel mio letto, imprecando per la fregatura. Avevo ancora bisogno di roccia, di "realtà".

MONTE AMIATA

Un giorno mi sono ricordato di quel blocco, quello sul quale avevo giocato a fine di due giorni di scalata su roccia assassina in compagnia di Benjo e Riccardo. Era passato un anno, forse uno e mezzo, e me ne ero completamente dimenticato. A quel tempo il boulder non era una priorità ed era un pò scivolato nel dimenticatoio, e adesso tutto quello che ricordavo era un mezzo movimento, ed un nome: ACHILLE.

Cade a pennello una macchina targata BLACKFLAG diretta verso il Monte Amiata e decido di aggregarmi in tutta fretta, per rivederlo. Il settore "vetta" restava piuttosto isolato dagli altri settori boulder, ed un pò povero di linee, per questo sapevo d'aver poco tempo da dedicare a quel conto aperto. Una manciata di tentativi per capire che le sensazioni erano più che ottime. Poi, sul più bello, un piede scivola. Chiedo l'ora e capisco che non c'è tempo per impuntarsi. Tocca tornare, con più calma, con più tempo.

La proboscide dell'elefante
La ciurma si sposta quindi al settore "Vivo D'Orcia", e la giornata scorre in perfetto stile BLACKFLAG! Al pelo con gli ultimi strascichi di sole riesco a consolarmi con una chicca! (in foto)

Il giorno dopo mi sveglio 3 ore di macchina più lontano e già mi gira male.

"Se non mi fosse scivolato quel piede l'avrei fatto"

La voglia di riscatto è troppa per un unico corpo, ma avrei dovuto aspettare un'eterna settimana prima di poter guardare Achille face to face. A fatica resisto, costretto a casa dalla meteo. Poi, esausto dalle mie minacce, ilmeteo.it decide di scucirsi e a farsi scappare un "venerdì prevalentemente soleggiato". Unica speranza. Partenza ore 08.00.

Arianna insiste per accompagnarmi, perchè sono abbastanza determinato da andarmene in giro a dire:

 "..non mi frega della meteo, non mi frega della distanza, non mi frega del viaggio solitario. Achille. Voglio Achille!"

Venerdì tutto è pronto. Si parte. Alèdduri. Mentre guido mi autoconvinco che alla fine 3 ore di macchina non sono poi tante, che andare all'Amiata in giornata non è così immorale.. ancora non sapevo della cazzata che stavo dicendo. Quando arrivo in vetta non stavo nella pelle. Così mi riscaldo, e mi metto a spazzolare il blocco, due o tre cazzate per temporeggiare, poi bisogna tagliare la testa al toro. Infilo le stix nuove fiammanti e senza troppi fronzoli parto e arrivo in cima. Al primo tentativo.

Achille, 8a+ Monte Amiata


Spararsi 3 ore di macchina per poi salire al primo tentativo e ritrovarsi con una giornata da riempire e la consapevolezza di poter adesso partecipare alla grigliata organizzata dalla banda del BLACKFLAG per quella sera. AMORE!


Bei momenti. Felice di averli vissuti con bella gente.
Rock'nRoll



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