4.2.12

Levitaciòn

Una delle cose che sicuramente più affascina dell'arrampicata, è la creatività. Molto spesso la vera soddisfazione si trova non tanto nella difficoltà, tanto nel piacere e l'onore se vogliamo, di aver trovato la soluzione, la giusta combinazione e sequenza di appigli, che ci permetterà di salire, o quantomeno, di andare più in alto.

Questo è quel che ho pensato oggi sul calcare di Uliveto, precisamente sotto il magnifico sasso del Diamante.


"Birra e saliva", la linea scoperta da Andrea Gelfi e Mauro Calibani. Una traccia grigia, compatta, dritta e strapiombante, fatta di una partenza niente male ed una serie di buoni buchi, che invitano le mani a muoversi, incrocio dopo incrocio, lungo di essi, accennando una sorta di doulfer, che sicuramente mi ricorda la scalata in fessura. Sebbene i buchi siano buoni, mi diverto un sacco in questa sezione, a scoprirne la delicatezza, la finezza e l'eleganza: pochi piedi a disposizione, solo appoggi piuttosto svasi su cui spingere, in punta di piedi, delicatamente, invitando il corpo ad una storta di dondolio, facendolo stabilizzare, avendo così l'equilibrio necessario per continuare a muoversi. Sembra quasi di essere "cullati" dal sasso.

La sequenza di buchi porta ben presto però, ad una delle caratteristiche del calcare....prese, prese, prese, e poi niente, solo un demoralizzante liscione grigio, che lascia sicuramente poco spazio alla fantasia.

Il gioco finiva lì, ed ahimè, non vi era altro che scendere sul pad, rassegnati, con un "vabeh".




Poi mi balena in testa l'idea di poter piazzare un bel lancio, alla fine della sequenza delicata ma su buchi, per prendere quel perfetto buco in cima al blocco, dopo la parte completamente liscia.


Il buco è semplicemente fatto apposta, dal basso sembra buono, e sembra esser stato modellato su di una mano sinistra...certo è lontano, quello senza dubbio. Ma se fosse possibile...Decido di tentare. Il sasso è anche abbastanza alto, e certo, l'idea di lanciare un pò intimoriva...sistemo i pad cercando di proiettare un'eventuale caduta dal movimento che avevo in testa, e poi basta. A tutta birra, senza pensare.

Supero la sequenza di buchi, al termine della quale, con un'accenno di lolot, era possibile alzare ancora un pò la mano sinistra andando a stringere un piccolo bidito. La mano destra rimaneva su una tacca buona. La posizione poteva essere favorevole ad un lancio. Gambe piegate, compresse a molla....non resta che tentare!

Comincio ad ondeggiare anche solo per tastare il terreno, e vedere quanto mi avvicinavo al buco, anche solo mentalmente.

"Al terzo slancio vado"

UNO: "Azzo, è più vicino di quanto pensassi! Cioè, è sempre lontano ma....è possibile, so che si può fare!"

DUE: "Eh si. Si può fare...Difficile, pauroso si, ma si può fare. Mi tocca farlo ora!!"

TRE: "Eccoci. Ora vado. Cattivo. Non pensare. Lancia. Spara. Vola."

Proprio mentre sto caricando il lancio, pronto e determinato a fare il mio tentativo volante, i miei piedi scappano dalla roccia, forse ci ho tolto troppo peso, lasciandomi spingere nell'aria, facendomi fallire clamorosamente, e senza farmi muovere di un solo centimetro verso l'alto! Mi ritrovo semplicemente, metaforicamente e non, col culo per terra, precisamente sul pad. Niente rabbia, niente frustrazione, solo il sorriso di chi accetta una sfida! Il lancio si può fare, ed anche se non son riuscito a staccarmici, son sicuro che sia la scelta giusta, non rimane che tentare!

Ecco la creatività nell'arrampicata, quel piacere di interpretare la roccia, di assecondarla col proprio corpo, sperando di essere all'altezza di un'idea, un sogno, un obiettivo.


Subito penso a John Gill, che oltre ad esser stato il padre dell'arrampicata sportiva americana, il primo a considerare il boulder non solo come un giochino propedeutico alla scalata con la corda, è stato anche colui che ha inventato il lancio in arrampicata. Immaginatevi questo pazzo che negli anni '60 piazzava dei lanci da paura su dei sassi alti 8-9 metri, staccando completamente il suo corpo dalla roccia per volare alla presa successiva...


Spesso le idee contano più dei fatti, o del riuscire a realizzarle. Spesso danno la spinta iniziale, gettano le basi per uno studio approfondito che porterà al progresso...lui era questa idea, ed a sua volta, ne era all'altezza, riuscendo così a salire linee impensabili, e che ancora oggi restano dei signor boulder, nonostante scarpette, crash pad e una cosa che si chiama 2012...



Dopo esser riuscito a salire il sasso e a liberare la linea, decido di dare un secondo nome, un sottotitolo...

"Levitaciòn", in onore al signore del boulder, che come spiega in una delle sue teorie, quando scalava, quando si preparava per un lancio, si concentrava a tal punto da raggiungere uno stato mentale di quasi meditazione, nel quale convinceva il suo corpo di essere leggero. Spiega che qualche volta, è persino riuscito a provare un leggero senso di levitazione...








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